È in libreria per le edizioni Noubs di Chieti una monumentale monografia sull’opera pittorica di Gabriella Capodiferro, artista tra le più qualificate in campo nazionale per quanto concerne la poetica informale che sappiamo essere stata una delle neoavanguardie più interessanti in Italia e in Europa a partire dalla seconda metà del secolo scorso. Come noto l’inizio dell’informale in Italia si fa risalire al 1951 quando a Roma prese il via il Gruppo Origine di cui facevano parte tra gli altri Burri, Capogrossi, Ballocco, Colla, Mannucci.
“Gabriella Capodiferro icona in rarefazione”: questo il titolo del volume alla realizzazione del quale hanno lavorato per circa un anno ben tre studiosi, Leo Strozzieri, Maria Cristina Ricciardi e Chiara Strozzieri.
Sebbene, come detto, l’artista teatina sia nota per la sua ricerca astratto-informale, non trascurabile, anzi straordinaria è la prima stagione del suo lavoro quando appunto, come recita il titolo dell’opera, lei si è interessata alla figurazione che poi man mano si è sempre più rarefatta sotto l’incalzare della componente materica e luministica del colore
Iconismo, sogni mitteleuropei ecc.
L'approdo ai sicuri lidi dell'informale
Vastissima la bibliografia che la riguarda; basti pensare ai saggi critici scritti sulla sua opera dall’indimenticato Marcello Venturoli con il quale fu in continuata ed amicale corrispondenza epistolare per anni. Ora però con la pubblicazione di questa monografia riassuntiva del suo lavoro finalmente è possibile fare il punto in chiave critica di circa mezzo secolo di attività.
Il volume, presentato alla stampa in occasione della cerimonia inaugurale di una sua mostra antologica al Museo La Civitella della sua città natale dal 19 marzo all’8 maggio 2011, offre agli studiosi notevoli sorprese poiché si documenta tra l’altro questo iconico segmento operativo di straordinario interesse pressoché sconosciuto al grosso pubblico e alla critica che ha considerato finora Capodiferro solo come artista impegnata nel’astrattismo informale.
Esiste invece, come si diceva poc’anzi, una prima stagione figurativa di splendente originalità con opere straordinarie nelle quali si registrano aperture verso ricerche d’oltralpe (in particolare Egon Schiele). Evidenti poi i richiami alla gestualità picassiana, alla grande lezione di Matisse e all’espressionismo cromatico dei Fauves, con talora inserimenti di echi liberty che danno quasi un’autenticità femminile alle opere che man mano subiscono un’evanescenza figurale.
Tornando alla monografia (pp.256) riccamente illustrata va rilevato come i contributi dei suddetti tre critici riguardano tre grandi capitoli, rispettivamente la ricerca figurativa, quella informale su cui si è soffermata Chiara Strozzieri e un recentissimo ciclo pittorico sempre dipinto con i canoni dell’Art Autre dedicato al grembo della Dea Madre, esaurientemente studiato da Cristina Ricciardi. Tale suite di opere è incentrata sul tema della Potnia Theron che l’artista ha voluto dedicare al Museo Archeologico Nazionale di Chieti che sorge sull’area dell’antica e mitica Teate. A questo proposito il volume è impreziosito da uno scritto autorevole del Soprintendente Archeologico dell’Abruzzo dr. Andrea Pessina, il quale evidenzia l’interazione tra la città ed il Museo in un connubio riuscitissimo tra passato e presente.
(dalla rivista on line Cultura in Abruzzo)